Vuoi arricchire la tua libreria? Per la Giornata Mondiale del Libro ti suggeriamo 15 romanzi italiani contemporanei per conoscere un'Italia inedita

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La letteratura italiana ci ha sempre regalato capolavori che rientrano i tutti i generi, dai romanzi di formazione ai thriller, e che nel tempo sono diventati noti in tutti il mondo. Basti solo pensare alle opere di Luigi Pirandello, al repertorio di Gabriele D'Annunzio o al sommo Dante Alighieri, la cui Commedia non invecchia mai e continua a ispirare romanzieri ovunque.

In particolare, negli ultimi 50-70 anni, la letteratura italiana contemporanea si è arricchita di nomi di scrittori e scrittrici che ci hanno regalato titoli inestimabili e preziosi, che hanno fatto il giro del globo e sono diventati dei veri e propri classici moderni. Non a caso, ad esempio, le opere di Elena Ferrante, intrinsecamente italiane ma anche particolarmente di rottura, hanno scatenato negli Stati Uniti la cosiddetta “Ferrante Fever”.

Ma qual è il tratto in comune di questi romanzi italiani contemporanei e dei loro autori?

Un punto di vista molto personale e intimista, che offre una forma inedita e inusuale a luoghi che conosciamo solo superficialmente (o forse crediamo di conoscere), ma che soprattutto ci spinge nella complessa interiorità dei personaggi, a cui impariamo ad affezionarci dopo poche pagine.

Se vuoi scoprire un aspetto alternativo dell'Italia o semplicemente sei alla ricerca di nuovi titoli per la tua collezione, vieni con noi in questo viaggio da nord a sud tra le pagine di ben 15 romanzi italiani contemporanei che abbiamo selezionato per la Giornata Mondiale del Libro. 

Vincitore del premio Strega, Le otto montagne di Paolo Cognetti è recentemente diventato uno splendido film con Luca Marinelli e Alessandro Borghi, due giovani e straordinari attori del nostro panorama.

Il romanzo è ambientato in Valle D'Aosta, in un piccolo centro di nome Grana, ai piedi del Monte Rosa, dove nasce l'amicizia tra Pietro e Bruno. Il primo è un milanese che fugge in montagna appena può, il secondo è visceralmente legato alla sua terra: i due non potrebbero essere più diversi, ma durante la loro vita, che li porterà spesso ad allontanarsi, instaureranno un legame indissolubile proprio grazie alla forza viva di quei luoghi.

Neve, ruscelli, prati, alpeggi, lo splendido lago di Grenon e tutte le espressioni della natura parlano una loro particolare lingua, stimolano i cinque sensi e finiscono per inglobare letteralmente chi vi entra in contatto. 

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Ultima opera di Cesare Pavese prima di porre fine alla sua vita, La luna e i falò è un romanzo dedicato alle radici di ognuno di noi, alla terra in cui siamo nati e dalla quale molto spesso fuggiamo, ma che ci resta sempre dentro (“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via”).

Quando Anguilla, ormai quarantenne, torna dagli Stati Uniti alle campagne dove è cresciuto, nelle Langhe, ritrova l'amico Nuto e la vita semplice del paese, ma anche tutti gli strascichi e i cambiamenti lasciati dalla guerra, sia nei luoghi che nelle persone.

Tra vigne, alberi di fico e alberi di nocciolo che non ci sono più, la natura va e viene ma è sempre presente con l'alternarsi delle stagioni (ovvero la luna) e rivive nelle nostre tradizioni (i falò).

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13. Appunti di un venditore di donne – Giorgio Faletti (2000)

Nei primi anni del 2000, il compianto Giorgio Faletti, comico e attore dirottato alla letteratura, ci ha regalato diversi thriller e noir molto interessanti e in Appunti di un venditore di donne ci trasporta in un contesto urbano notturno, opulento e pericoloso ma sicuramente molto seducente.

La Milano degli anni Settanta, tra discoteche, ristoranti lussuosi e night club fumosi, è la piazza degli affari di Bravo, un uomo che ha alle spalle un enorme trauma e che propone bellissime escort al migliore offerente. Quando una sera conosce Carla, desiderosa di unirsi alla sua scuderia, la sua vita cambia e rimarrà coinvolto in diverse situazioni tristemente frequenti durante i cosiddetti Anni di Piombo.

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Tra i capolavori di Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno racconta uno spaccato della Seconda Guerra Mondiale da un punto di vista innovativo per l'epoca, perché filtrato attraverso gli occhi di un bambino.

Pin, 10 anni, abbandonato da i genitori e ignorato dalla sorella, di professione prostituta, ruba una pistola a un soldato tedesco e la nasconde nel suo posto segreto, un sentiero lungo il quale i ragni fanno il loro nido. Per sfuggire ai nazisti, Pin si rifugia con i partigiani sulle montagne dell'entroterra ligure, dove i boschi e la natura costituiscono un ambiente protettivo e rassicurante, come il sentiero nascosto dove il bambino ha ricreato il suo mondo di solitudine, come fanno i ragni con le loro ragnatele. 

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Resto qui è un romanzo breve di Marco Balzano che già dalla copertina è in grado di catturare la curiosità del lettore, grazie alla bellissima immagine raffigurante il famoso campanile di Curon che fa capolino dalla superficie del lago.

La protagonista, Trina, racconta come la vita scorre tranquilla in quel villaggio a pochi passi da Bolzano, scandita dai ritmi delle stagioni e dal lavoro nei campi, tra stalle, pascoli e aria buona, finché non arrivano i fascisti. Durante il Ventennio, infatti, alla popolazione locale era impedito di parlare il tedesco e di celebrare le proprie tradizioni e, in generale, era stata imposta un'italianizzazione forzata. E così, con la guerra, a Trina, al marito Erich e a molti altri dissidenti non rimane che rifugiarsi sulle loro montagne, simbolo delle loro radici, che diventano un luogo di protezione e di libertà. 

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Primo di una trilogia, Fiori sopra l'inferno è l'esordio della giovane Ilaria Tuti e recentemente è diventato una fiction di successo.

Un assassino si nasconde tra le nevi dell'immaginaria Travenì, sulle Dolomiti, e si accanisce sugli adulti con una furia spaventosa ma sembra avere un occhio di riguardo per i bambini. A indagare sul caso c'è il commissario Teresa Battaglia, sessantenne spigolosa e respingente che deve fare i conti con il suo precario stato di salute.

La prima indagine del commissario Battaglia è un thriller ricco di colpi di scena prende vita negli splendidi paesaggi del Friuli Venezia Giulia, nelle sue montagne e nei suoi boschi candidi che spesso assumono tratti inquietanti ma che allo stesso tempo diventano un luogo intimo, familiare e protettivo. 

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Bàrnabo è un giovane guardiaboschi e vive sulle montagne del Veneto insieme ai suoi compagni, per sorvegliare "la Polveriera", un deposito di munizioni ed esplosivi. Quando i briganti iniziano ad assaltare la casa e uccidono uno dei compagni, Bàrnabo fugge spaventato e viene licenziato. Proverà a rifarsi una vita in campagna ma ben presto tornerà sulla sua montagna, da cui non riesce più a stare lontano, per una vita di solitudine e serenità.

Anche per l'immortale Dino Buzzati, qui al suo primo romanzo, la montagna diventa il luogo del cuore, il posto ideale dove rifugiarsi. I paesaggi incontaminati, le cime battute dal vento, i boschi rigogliosi, il cielo nuvoloso e i rumori della natura: tutto è sempre uguale, il tempo scorre lentamente, si è sempre in attesa di qualcosa. Ma quando quel qualcosa arriva non si riesce ad affrontarlo e allora si preferisce ritornare alla tranquillità che solo la monotonia può dare. 

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8. Il giardino dei Finzi Contini – Giorgio Bassani (1962)

Il giardino dei Finzi-Contini è senza dubbio il capolavoro di Giorgio Bassani, un romanzo che racconta il triste capitolo italiano delle leggi razziali e della ghettizzazione degli ebrei nelle città prima della deportazione nei campi di concentramento. In questo contesto, prende vita, raccontata in un flashback dall'anonimo protagonista (forse lo stesso autore), la storia dei Finzi-Contini, una famiglia ebrea altoborghese di Ferrara che vive segregata nella sua splendida casa e nel suo rigoglioso giardino, nel cuore della città. Questo spazio, aperto a chiunque voglia entrarvi, diventa una sorta di locus amenus isolato dal resto della città e che costituisce un mondo a parte, dove il tempo sembra fermarsi. Intorno a esso, la città di Ferrara, descritta fedelmente con i suoi viali, le sue strade con selciato, gli edifici, il cimitero, la sinagoga. 

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Una Toscana inedita, lontana dallo splendore di Firenze e delle campagne senesi, è la location dove prendono vita le vicende di Acciaio, opera prima di Silvia Avallone, giovane scrittrice dalla grande sensibilità.

Siamo a Piombino, sul mare di Livorno, nei primi anni 2000, quando Anna e Francesca, amiche da sempre, si allontanano trascinate dalle emozioni amplificate dell'adolescenza e dalle vicende ordinarie e tragiche della vita. Sullo sfondo, la povertà, la vita dura delle fonderie (principale attività locale), le droghe, le famiglie disfunzionali, le perversioni. Ne viene fuori uno spaccato duro ma allo stesso suggestivo e intenso, che si specchia nel mare e si affaccia sull'isola D'Elba, che in linea d'aria sembra vicinissima ma concettualmente diventa irraggiungibile e si fa metafora del desiderio di emergere dalla mediocrità.

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Non potevamo certamente tralasciare il fenomeno Zerocalcare, fumettista 100% romano, e il suo universo comico e a tratti malinconico. Ma soprattutto non potevamo non includere una graphic novel al nostro elenco.

La profezia dell'armadillo è l'opera prima e compendio della filosofia di Zerocalcare (alias Michele Rech), una serie di sketch autobiografici che raccontano la vita di un gruppo di ventenni di Rebibbia, quartiere periferico di Roma, all'inizio del 2000, con le loro paure, insicurezze e “sfighe”. La descrizione del presente è intervallata da flashback e intermezzi cartooneschi di cui sono protagonisti strani “personaggi”, alcuni dei quali provenienti dalla cultura pop contemporanea; su tutti, l'armadillo del titolo, che rappresenta la coscienza del protagonista.

Grande importanza ha l'ambientazione urbana, i locali, i ristoranti, le strade, i mercatini di Natale, il via-vai dei tram, le sale giochi, i parchi, i palazzi e il luogo in cui è stato ritrovato il celebre fossile di mammuth – e che oggi è il protagonista del noto murales, firmato proprio dall'artista, che campeggia alla fermata della metropolitana di Rebibbia. 

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Tra i più apprezzati e premiati romanzi italiani contemporanei, L'arminuta di Donatella di Pietrantonio racconta della pratica dei cosiddetti "bambini donati", piuttosto comune nell'Italia del secolo scorso, che consisteva nel “donare” alle coppie sterili e benestanti i figli delle famiglie povere ma numerose. La protagonista della storia è appunto “l'arminuta”, che in dialetto abruzzese significa “la ritornata”, una tredicenne senza nome che viene strappata alla famiglia con cui è cresciuta per finire di nuovo dai suoi genitori biologici, poveri e anaffettivi, in una casa piena di figli abbandonati a sé stessi. Qui, in un contesto contadino, tra dialetto, miseria, promiscuità, la ragazzina vivrà un profondo shock culturale e cercherà di costruirsi un'identità senza il preciso riferimento che ognuno di noi riceve in dono dalla propria famiglia. 

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Tra i più celebri romanzi di Niccolò Ammaniti, Io non ho paura è ambientato nel remoto entroterra pugliese, in un piccolo centro immaginario denominato Acque Traverse, nel 1979. Qui tra i campi di grano, sotto il sole bollente e il cielo azzurro, cresce il piccolo Michele. Un giorno d'estate, mentre sfreccia in bicicletta insieme ai suoi amici, scopre una botola nascosta in un casale abbandonato. Sotto di essa trova un bambino incatenato a un piede, con cui presto fa amicizia e a cui porta da mangiare. Ovviamente Michele non sa che quel bambino, di nome Filippo, è stato rapito e che i responsabili sono a lui molto vicini.

In un paesaggio bucolico e soleggiato, prende vita una storia di formazione e di crescita, crudele e triste, ma che allo stesso tempo ci mostra come dando retta alla propria indole si riesca a fare la scelta giusta, anche se questo significa tradire la famiglia. 

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Arturo è un ragazzino che vive da solo sull'isola di Procida, a largo di Napoli. È orfano di madre e vede raramente il padre, Wilhem, che è distaccato e anaffettivo ma visto come una specie di eroe. Cultore della mascolinità e sprezzante verso le donne, Arturo, ormai cresciuto, si innamora della giovane moglie del padre ma ben presto dovrà fare ancora una volta i conti con la dura realtà.

In un contesto realistico ma dai tratti fiabeschi, la divina Elsa Morante racconta una storia di crescita e di formazione, il passaggio del protagonista dall'infanzia all'età adulta attraverso il crollo delle sue certezze sulla figura paterna. A questo fa da sfondo una Procida selvaggia, soleggiata, dai connotati onirici, che rappresenta un mondo a parte: l'isola è una perfetta metafora di solitudine che prima o poi l'uomo, fisiologicamente, abbandona.

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I leoni di Sicilia di Stefania Auci è forse il caso editoriale degli ultimi anni, che ha riscosso un enorme successo in Italia e all'estero e che a breve diventerà anche una fiction.

Il romanzo racconta l'inizio dell'epopea della famiglia Florio, che lascia la Calabria alla volta di Palermo per aprire un'aromateria, ovvero un negozio di spezie e rimedi naturali. Ben presto, l'intraprendenza dei fratelli Ignazio e Paolo e dei loro discendenti darà vita a un business sempre più vasto e redditizio, che comprenderà tessuti, zolfo, vini e generi alimentari.

Un romanzo dai tratti documentaristici che omaggia una famiglia – realmente esistita – che si è saputa imporre, tra l'Ottocento e gli inizi del Novecento, come esponente della rampante borghesia imprenditoriale; una classe sociale fautrice della propria ricchezza in una Sicilia arcaica e tradizionalista, ma allo stesso tempo calda, vivace e brulicante di vita. 

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“L'accabadora” è una figura misteriosa del folklore della Sardegna, che anticamente entrava nelle case per donare una fine caritatevole e dignitosa a coloro che desideravano smettere di soffrire.

La sarta Tzia Bonaria è, per l'appunto, un'anziana Accabadora e insieme a lei vive la piccola Maria, salvata dalla strada e dalla miseria. Il rapporto tra le due è quello tra una madre e la figlia, anche se non hanno alcun legame di parentela, e rimarrà tale anche quando Maria, ormai adulta, lascerà l'isola – perché lei è fill'e anima.

Michela Murgia, giornalista e speaker radiofonica, ci regala un pezzo importante e affascinante della sua Sardegna, in una dimensione arcaica, soleggiata, bucolica, rocciosa e selvaggia, lontana dalle meraviglie del mare per cui oggi è celebre. È un luogo a parte, con la sua lingua e le sue leggi, dove i sentimenti non vengono esplicitati, e dunque appare scarna anche emotivamente, proprio come i suoi paesaggi.

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