Preparati per un itinerario archeologico in Sardegna, un viaggio meraviglioso in 10 tappe fra storia e cultura attraverso un’isola magica senza tempo.

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La Sardegna sorge in mezzo al mare, in un tempo lontano non precisato della storia. Antichissima, magica e selvaggia, porta con sé i segni di civiltà millenarie e della pazienza degli eventi atmosferici che l’hanno scolpita così come la desideravano. Terra di fate e di giganti, costellata di possenti regge isolate, ospita foreste di pietra, monumenti unici in Europa e si respira nell’aria un’insolita magia. Questa è un’isola fatta di una bellezza disarmante, storie da ascoltare, luoghi da scoprire e leggende che sembrano essere sempre esistite e mai passate. Nelle sue feste popolari ed eventi, nelle sue tradizioni e nei suoi scorci, scoprirai un mondo diverso da ogni altra cosa, che arriva dritto al cuore.

Oggi vogliamo accompagnarti in un meraviglioso viaggio in 10 tappe alla scoperta, passo passo, di un vero e proprio itinerario archeologico in Sardegna fra storia e cultura attraverso un'isola senza tempo. Il nostro viaggio ci porta soprattutto nel Nord della regione, corrispondente alla provincia di Sassari, un territorio fantastico per scoprire il lato più autentico della Sardegna grazie alle meraviglie di Salude & Trigu.

10. Itinerario archeologico in Sardegna, prima tappa: le Tombe dei Giganti (Arzachena)

Per immergerci subito nei misteri di questo itinerario archeologico in Sardegna, iniziamo il nostro viaggio da Arzachena, nell’est della Gallura. Questo territorio è ricco di costruzioni enigmatiche che, secondo la credenza popolare, erano il sepolcro dei giganti che camminarono sulla Terra.

Le Tombe dei Giganti sono costituite da una serie di lastre conficcate verticalmente nel terreno disposte a semicerchio, con alle spalle una base rettangolare absidata in modo che, osservate dall’alto, disegnino il muso di un toro.

Se, da una parte, la leggenda afferma che qui furono ritrovate ossa di dimensioni enormi, dall'altra, secondo la storia, esse erano luoghi monumentali di sepoltura collettiva appartenenti alla civiltà nuragica che abitò la Sardegna fra il 1800 a.C. e il III secolo a.C. Le più suggestive del territorio di Arzachena sono quella di Coddu Vecchiu e Li Lolghi.

9. Seconda tappa: il museo della Femina Agabbadòra (Luras)

Riprendendo il nostro viaggio verso il centro dell’isola arriviamo a Luras, un piccolo paese della Gallura. Qui si trova un museo etnografico privato che ricostruisce fedelmente gli ambienti tipici della civiltà gallurese, comunità di pastori, agricoltori, artigiani. Il museo Galluras, però, è celebre perché racconta anche una particolare pagina della storia sarda che vede protagonista una figura controversa, temuta e rispettata: la Femina Agabbadòra.

Secondo la tradizione, questa donna era “colei che aiutava gli agonizzanti a morire”. Nella società povera del tempo, infatti, una malattia incurabile diventava spesso un peso insostenibile sia per il malato terminale, che pativa una lunga agonia e non riusciva a lasciare la vita terrena, che per i familiari. Chiamata dai parenti, essa entrava nel buio della stanza dell’infermo, cantilenava il rosario e alcune nenie per farlo addormentare e poi, con il suo martello, gli dava una botta secca sul cranio. Questa donna misteriosa, vestita di nero, resta una figura tra mito e realtà legata indissolubilmente alla storia di Sardegna.

8. Terza tappa: le Case delle Fate (Sedini)

Un’antica leggenda narra che, nel buio della notte, si sentiva il rumore dei telai delle Janas provenire dalle loro case scavate nella roccia. Questi piccoli esseri metà fate e metà streghe erano abili creatrici di gioielli magici realizzati con una fine trama d’oro e pietre preziose. Si dice che, con la stessa maestria con cui intrecciavano le fibre d’oro, esse intrecciassero le vite delle persone.

Le Domus de Janas (letteralmente “Case delle Fate”) erano sepolture preistoriche e le più antiche fra esse risalgono a ben 5000 anni fa. In tutta la Sardegna ne sono state scoperte più di 2400 e anche nel nord dell’isola ce ne sono di molto suggestive che vale la pena visitare, fra cui la Domus de Janas di Sedini o la “Rocca”.

Proprio sulla via principale del paese, in una posizione che domina le colline dell’entroterra, si trova questa maestosa testimonianza del passato, scavata in un masso di roccia alto come un palazzo di tre piani. Risalente al terzo millennio a.C. è stata utilizzata per diversi scopi e ora ospita un museo etnografico.

7. Quarta tappa: la foresta pietrificata di Carrucana (Martis)

Persi nell’Anglona, nel cuore del Nord Sardegna, esistono i resti di pietra di un mondo estinto appartenente a un’epoca ben più antica della comparsa dell’uomo sulla Terra. La foresta di Carrucana, nelle campagne di Martis, è una tappa immancabile per un itinerario archeologico in Sardegna. Formata dai giganteschi tronchi fossili di una rigogliosa foresta di milioni di anni fa. Questo silenzioso mondo di pietra nacque in seguito a un’eruzione vulcanica violentissima che fece inabissare le foreste nei laghi circostanti. La cenere, poi, fece il resto.

Tutto questo patrimonio dal valore inestimabile è tutelato dal Parco Paleobotanico dell’Anglona, che si estende su una superficie di circa 100 chilometri quadrati, e oltre al comune di Martis coinvolge Bulzi, Laerru, Perfugas e qualche lembo di Chiaramonti e S.M. Coghinas.

6. Quinta tappa: i ruderi dell’antico castello dei Doria (Chiaramonti)

A circa 10 minuti di auto da Martis, inerpicato su una collina dominata dai ruderi di un maniero medioevale, sorge il piccolo borgo di Chiaramonti. Il castello era una delle numerose fortificazioni erette dalla famiglia Ligure dei Doria che nel XII secolo lo costruì per proteggere i suoi possedimenti in Anglona.

Ciò che oggi vediamo dell’edificio è la sagoma della torre e una struttura mononavata con otto cappelle che si aprono ai lati in quanto, dopo che fu conquistato dagli Aragonesi, quest’area fu trasformata in una chiesa. Ma lo spettacolo più suggestivo è la veduta che da qui si estende senza fine su tutta la vallata dell’Anglona, lasciando intravedere anche le coste della Corsica.

5. Sesta tappa: la Santissima Trinità di Saccargia (Codrongianos)

Spostandoci ancora più a sud-ovest nel corso del nostro itinerario archeologico in Sardegna, in mezzo al silenzio della campagna sarda, si scorge in lontananza un alto campanile. È la Santissima Trinità di Saccargia, la chiesa romanica più spettacolare di Sardegna, nel territorio di Codrongianos. Eretta sulle rovine di un santuario precedente, la basilica fu realizzata da architetti di varie scuole toscane e consacrata nel 1116. Di fianco all’austerità bicroma a righe bianche e nere orizzontali della chiesa, si scorgono i ruderi del monastero e del chiostro dell’abbazia.

L’area dove sorge la basilica è da sempre considerata sacra (detta “Sacraria”) e qui si praticavano culti ancestrali. Da notare un dettaglio che decora la cornice del pilastro sinistro del portico della facciata: figure di bovini accovacciati. Essi si riferiscono alla leggenda secondo cui, ogni giorno, una vacca si presentava al monastero per offrire il suo latte ai frati: s’acca argia, “la vacca pezzata, maculata”, da cui in passato si riteneva che derivasse il nome Saccargia.

4. Settima tappa: il dolmen Sa Coveccada (Mores)

In un tempo lontano gli uomini eressero enormi pietre in onore delle loro divinità e dei loro antenati, testimonianze di un passato che, incurante dei millenni, sono arrivate fino a noi. Questo fenomeno preistorico prende il nome di Megalitismo e le sue espressioni più tipiche, “dolmen” e “menhir”, si trovano sparse qua e là nell’entroterra sardo.

Continuando il nostro viaggio verso sud, arriviamo nel territorio di Mores. Qui, sulla superficie piana di un tavolato trachitico, appare già a distanza un gigante di pietra: il dolmen più grande di Sardegna.

L’importanza del Dolmen Sa Coveccada, in realtà, va ben oltre i confini dell’isola: è fra le più importanti costruzioni di questo tipo in tutta l’area mediterranea, alto 2,70 metri, lungo 5 e largo 2,5. È costituito da quattro lastroni di trachite di colore chiaro, tendente al rosato, ed era una tomba collettiva che gli antichi costruttori decisero di orientare a est/sud-est, verso il sole nascente.

3. Ottava tappa: il nuraghe di Santu Antine (Torralba)

Migliaia di anni fa gli antichi sardi eressero possenti costruzioni uniche al mondo, così resistenti che ancora oggi se ne trovano più di 7000 sparse in tutta l’isola. I Nuraghi sono senza dubbio uno dei simboli di Sardegna, edifici a forma tronco conica realizzati con enormi massi in pietra a secco. Non è ancora chiaro quale fosse la loro funzione, ma la spiegazione più plausibile è che cambiasse a seconda della posizione e del contesto ambientale in cui sorgevano. Potevano avere ruolo militare, di difesa, essere torri di vedetta, osservatori astronomici o luoghi a carattere votivo e religioso.

Proseguendo il nostro viaggio verso il centro dell’isola arriviamo nel territorio di Torralba. Qui, nella cosiddetta “Valle dei Nuraghi”, si trova il nuraghe di Santu Antine, risalente al XV sec. a.C. Esso rappresenta l’apogeo dell’architettura di età nuragica, con un possente mastio circondato da una spessa muratura e tre torri e, tutto intorno, il villaggio. Camminare all’interno di Sa Domu de su Re ("la casa del re") dà i brividi… un’esperienza indimenticabile.

2. Nona tappa: le miniere abbandonate dell’Argentiera (Argentiera)

Per la prossima tappa del nostro itinerario archeologico in Sardegna ci dirigiamo a ovest, verso la costa. Qui, tra falesie argentate e i riflessi luccicanti del mare, appare un luogo perduto nel tempo: l’Argentiera. Questa frazione è un’importante testimonianza del passato minerario sardo e prende il nome dal minerale estratto e dal colore delle rocce. Ti troverai davanti impianti minerari abbandonati e un borgo (quasi) disabitato, in un insolito, stridente silenzio.

La pratica estrattiva, qui, ha una storia molto lunga, costellata di crolli e disgrazie che hanno alimentato leggende sulle anime dei minatori che si aggirano ancora fra le gallerie…Oggi l’Open MAR, il primo museo minerario a cielo aperto, tutela l’Argentiera, un vero e proprio salto in un capitolo importante della storia di Sardegna.

1. Itinerario archeologico in Sardegna, decima tappa: il tempio-altare di Monte d’Accoddi (Sassari)

Il nostro itinerario archeologico in Sardegna si conclude ai piedi di un monumento che non trova eguali né apparente spiegazione. Tra Sassari e Porto Torres, lungo la ‘vecchia’ statale 131, si trova una costruzione unica in tutto il bacino del Mediterraneo: una ziqqurat identica ai templi mesopotamici, anche se non esiste nessuna relazione diretta con essi. La leggenda vuole che essa sia stata costruita da un principe-sacerdote fuggito dal Medio Oriente che, anziché dedicarla al Sole come era consuetudine, la dedicò alla Luna.

L’altare di monte d’Accoddi (che significa “monte delle pietre”) fu realizzato in due fasi successive, tra il 3500 e il 2700 a.C. Fu scoperto intorno alla metà del XX secolo, scavando quella che sembrava essere una piccola collina “artificiale” in mezzo a una pianura. Ci immaginiamo lo stupore quando dagli scavi emerse una struttura che occupa una superficie di 1600 metri quadrati ed è alta quasi 6 metri (originariamente pare fossero otto).

Ci salutiamo qui, con lo sguardo incantato a osservare l’ennesima meraviglia della Sardegna, una fra le più incredibili. Uno dei tanti tasselli di una storia, spesso poco conosciuta, che ci accompagna in un limbo tra realtà e leggenda. Hai voglia di scoprire di più su questa meravigliosa regione? Dai un'occhiata qui!

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