La dimora extraurbana dell'Imperatore Adriano, a pochi passi da Roma

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Il complesso di Villa Adriana a Tivoli

Inserita nel 1999 nei siti Patrimonio dell'Umanità UNESCO, Villa Adriana sorge nel comune di Tivoli in Provincia di Roma tra le pendici dei Monti Tiburtini e la campagna romana. Come il nome stesso lascia intuire, fu la residenza extraurbana dell’imperatore Adriano che scelse un territorio verde e ricco di acque nell’antica Tibur.

La realizzazione del complesso avvenne tra il 118 ed il 138 d.C. e si estendeva per circa 120 ettari includendo strutture residenziali, terme, ninfei, padiglioni e giardini. Attualmente, l’area visitabile è di soli 40 ettari circa rispetto ai 120 iniziali.

La bellezza e maestosità di Villa Adriana, che la hanno resa oggetto di studi sistematici già fin dall’epoca rinascimentale, si devono alle originalissime e straordinarie opera scultoree ed architettoniche, nonché alla coesistenza delle tradizioni architettoniche dell’antica Grecia, Roma ed Egitto.


«Fece costruire con eccezionale sfarzo una villa a Tivoli dove erano riprodotti con i loro nomi i luoghi più celebri delle province dell'impero, come il Liceo, l'Accademia, il Pritaneo, la città di Canopo, il Pecile e la valle di Tempe; e per non tralasciare proprio nulla, vi aveva fatto raffigurare anche gli inferi.» (Historia Augusta, Vita Hadriani, XXVI, 5)

Scriptores Historiae Augustae: Elio Sparziano, Giulio Capitolino, Volcacio Gallicano, Elio Lampridio

Riconoscimento di Villa Adriana come Sito Unesco nel 1999

L’area archeologica di Villa Adriana, inserita nel Patrimonio dell’Umanità, include tutti gli elementi essenziali che contribuiscono al riconoscimento del sito quale detentore di un valore universale eccezionale, per i seguenti criteri:

Criterio I: Villa Adriana è un capolavoro che riunisce in sé la più alta espressione delle culture materiali dell’antico mondo Mediterraneo;

criterio II: lo studio dei monumenti che costituiscono Villa Adriana ha svolto un ruolo fondamentale nella riscoperta degli elementi dell’architettura classica da parte di architetti del Rinascimento e del Barocco. Inoltre, ha esercitato un’innegabile influenza su molti architetti e designer del 19° e del 20° secolo;

criterio III: Villa Adriana rappresenta la sopravvivenza eccezionale dell’Antico Impero Romano. Il gran numero di costruzioni e strutture al suo interno, la collezione delle statue e delle sculture che decorano l’area, testimoniano il gusto e l’erudizione di uno dei più grandi Imperatori Romani. Adriano fu un uomo di immensa cultura che supervisionò personalmente la costruzione della villa, ispirata dai suoi viaggi per lo sconfinato impero, riportando e riproponendo il meglio delle diverse culture all’interno del complesso.


I 4 nuclei principali dell'area archeologica di Villa Adriana

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La residenza venne concepita per soddisfare molteplici esigenze e funzioni quali residenza, di rappresentanza e di servizio. La configurazione delle numerose strutture comprese nell’area rispecchiano le idee innovative dell’imperatore in campo architettonico ed è comunemente riconosciuto che Adriano volesse riprodurre nella sua villa i luoghi che più lo avevano colpito durante i suoi viaggi nelle province dell’impero.

Il maestoso complesso, apparente privo di un piano strutturato, risulta ben organizzato e articolato in quattro nuclei distinti:

- il Teatro Greco e il Tempio di Afrodite Cnidia;

-il Teatro Marittimo, il Palazzo Imperiale, il Palazzo d’Inverno, le Biblioteche Latina e Greca e la Piazza d’Oro;

-le Piccole Terme, le Grandi Terme e le Terme con Heliocaminus;

- il Ninfeo, la Torre di Roccabruna e l’Accademia.

Teatro Greco e Tempio di Afrodite Cnidia

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Del primo nucleo fa parte il Teatro Greco che in realtà, nonostante il nome, presenta le caratteristiche tipiche dei teatri romani dalla pianta semicircolare. Le sue dimensioni ridotte fanno ipotizzare che fosse destinato ad un pubblico molto ristretto, presumibilmente gli ospiti dell’Imperatore. Costruito sfruttando la morfologia collinare del terreno tufaceo, si può riconoscere ancora oggi l’andamento gradinato della cavea (le gradinate su cui sedevano gli spettatori), divisa in due settori ed attraversata da una gradinata centrale parzialmente visibile alla cui sommità si trova un piccolo ambiente rettangolare.

Vi sono varie ipotesi sulla funzione di questo spazio rettangolare: secondo alcuni un tempietto dedicato a qualche divinità, come accadeva per tutti i teatri antichi romani, mentre per altri sarebbe stata una tribuna di Adriano.

Sotto la cavea, è ancora possibile distinguere l’orchestra (ossia lo spazio dedicato al coro) ed il proscenio o palco dove recitavano gli attori di forma rettangolare ed intatto solo nella porzione inferiore. Purtroppo nulla è giunto ai giorni nostri delle strutture della frons scenae, il fondale fisso in muratura utilizzato per effetti scenici, a più piani e con porte e finestre che tra l’altro delimitava l’area di scena. Inoltre, sembrerebbe che le due erme in marmo raffiguranti la Tragedia e la Commedia rinvenute durante scavi settecenteschi, oggi conservate nelle collezioni dei Musei Vaticani, appartenessero originariamente proprio alla decorazione del teatro. Tuttavia, come accade per la maggior parte dei ritrovamenti rinvenuti nella Villa, non è possibile affermare con certezza la loro attribuzione.

Affacciato sulla Valle di Tempe, il Tempio di Afrodite Cnidia è un tempietto a pianta circolare in stile dorico che originariamente ospitava una copia dell’omonima opera scolpita dal celebre Prassitele. Attualmente custodita nel Museo Antiquarium, al suo posto all’interno del simulacro è stato posto un calco. Il tempio, a differenza dei templi romani, non poggia su un alto podio bensì su un crepidoma di quattro gradoni ed è costituito da 16 colonne, elemento di chiara ispirazione greca.

L’aspetto attuale del complesso ce ne offre, tuttavia, un’immagine piuttosto parziale a causa delle opere di epoca settecentesca di costruzione del Casino Fede.

Teatro Marittimo, Palazzo Imperiale, Palazzo d’Inverno, Biblioteche Latina e Greca e la Piazza d'Oro

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Il secondo nodo fondamentale è rappresentato dal Tempio Marittimo, il Palazzo Imperiale, il Palazzo d’Inverno, le Biblioteche Latina e Greca e la Piazza d’oro.

Il Teatro Marittimo, detto anche Villa dell’Isola, è una delle prime strutture edificate del complesso ed iniziata nel 118. È uno dei monumenti più singolari di Villa Adriana, originale, unico ed innovativo in quanto all’impianto architettonico stesso.

Si tratta di una struttura circolare con un portico che si affaccia su un canale acquatico al centro del quale vi è un isolotto artificiale di 45 m di diametro, dove probabilmente venivano rappresentati spettacoli. Inoltre, vi era una piccola domus che era probabilmente una sorta di residenza minore dove l’imperatore si ritirava per le sue attività artistiche. All’isolotto si accedeva mediante due strutture girevoli in legno conferendo delle caratteristiche di separatezza rispetto al resto del complesso, rendendo quindi plausibile che il luogo fosse una zona privata e riservata del palazzo. Il nome “marittimo” deriva da un fregio in marmo con soggetto marino che ne decorava la trabeazione. Corpo dalla struttura circolare preceduto da un pronao che apre su un portico anch’esso circolare, sorretto da colonne ioniche e coperto da una volta a botte. Lo spazio interno viene ottimizzato in maniera perfetta in modo da creare tutti gli ambienti per le esigenze dell’imperatore. La struttura, infatti, rispecchia in ciascuno dei suo elementi lo schema tipico della domus: atrio, cortile, portico, tablino, cubicola, terme e, addirittura, le latrine. Una vera e propria villa in miniatura, capace di coniugare le finalità funzionali al progetto e di adattare lo spazio in senso estetico.

Come si può immaginare, il Palazzo Imperiale costituisce l’edificio principale dell’intera area di Villa Adriana, doveva viveva Adriano con la sua corte. Esso è composto da grandi peristilî, detti comunemente la Piazza d'oro, l'Atrio dorico, il Peristilio grande ed il Cortile delle biblioteche.

La Piazza d’Oro è un’ampia area circondata da un portico, con un peristilio a colonne alternate di cipollino e granito, con sale costruite attorno a una grande sala ottagonale. Qui, probabilmente, si svolgevano i banchetti.

L’atrio dorico è una grande sala a due piani con un portico a pilastri scanalati che conteneva uno sfarzoso triclinio ed altre sale minuziosamente decorate . Attraversando il peristilio del palazzo, si raggiunge il cortile delle Biblioteche, lungo 66 m e largo 51, circondato da un portico di colonne corinzie . Gli edifici incorniciano un cortile con un portico con colonne corinzie. Una parte è composta da camere da letto, mentre dall’altra parte del cortile ci sono la Biblioteca Greca e la Biblioteca Latina.

Le Piccole Terme, le Grandi Terme e le Terme con Heliocaminus

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Il complesso termale, in generale, risulta ben conservato e consente di poter comprendere la sua struttura. Iniziamo con le Piccole Terme, così denominate per distinguerle dalle altre poco distanti, di maggiori dimensioni. Si presume, senza alcuna certezza scientifica, che la costruzione delle Piccole Terme risalga intorno al 121-126 d.C. La facciata rivolta a nord, realizzata in opus reticolatum, fa pensare ad un edificio preesistente che Adriano fece riutilizzare. Un corridoio porta ai diversi ambienti mediante una sala ottagonale, caratterizzata da pareti e pavimenti decorati con preziosissimi marmi e motivi particolari. La sala presenta una copertura di tipo cupolare e si pensa che fungesse da spogliatoio o apodyterium mentre, procedendo verso ovest, da questa sala si raggiunge un’altra sala con copertura a volta e un occhio centrale da cui dovevano entrare i raggi solari. Ciò fa pensare che questo ambiente fosse adatto ad ospitare una sudatio (ambiente riscaldato atto a indurre la sudorazione) e quindi il calidarium. A causa del collasso del pavimento, si è potuto constatare che al di sotto vi passavano le condutture contenenti aria calda prodotta dai praefurnia (bocche del forno) per riscaldare gli ambienti. Il frigidarium ed il tepidarium, invece, sono collocati ad est caratterizzate da grandi vasche rivestite in marmo. Per l’enorme varietà di decorazioni marmoree per la ricchezza delle soluzioni architettoniche dei diversi ambienti e per il movimentato gioco di superfici curve e piane, possiamo certamente affermare che le Piccole Terme, nonostante il nome, sono uno degli edifici più lussuosi di Villa Adriana.

A breve distanza dalle Piccole Terme, mediante un ampio Piazzale, arriviamo alle Grandi Terme, così definite per via delle grandi dimensioni degli ambienti e della superficie occupata rispetto agli altri impianti termali di Villa Adriana. Come per le Piccole Terme, ritroviamo anche qui i classici elementi delle terme romane, vale a dire sudiatio, calidarium, tepidarium e frigidarium. Tuttavia seppur di dimensioni maggiori, non presentano grande originalità dal punto di vista architettonico e per le decorazioni e rivestimenti che risultano piuttosto modesti. I pavimenti sono rivestiti in mosaico bianco, talvolta bordati con una o due fasce nere e le pareti ricoperte di intonaco anziché in marmo fanno supporre che che questa struttura fosse destinata al personale della villa.

Infine, le Terme con Heliocaminus sono l’impianto più antico dell’intero complesso di Villa Adriana, addossate alla residenza repubblicana e ad essa collegata mediante un corridoio. Il nome si deve alla sala con Heliocaminus, un ambiente a pianta circolare riscaldato oltre che dai raggi del sole anche dal tradizionale sistema ad ipocausto, vale a dire mediante circolazione di aria calda nelle cavità del pavimento e nelle pareti della stanza da riscaldare. La sala era sovrastata da una cupola cassettonata con lumen centrale chiuso da un clipeo bronzeo e che, azionato mediante delle catene, consentiva di regolare la quantità di vapore acqueo. Sul lato sud-occidentale, vi erano vetrate fissate tra loro con colate di piombo alle intelaiature in ferro o bronzo, oggi non più visibili in quanto completamente crollate, Questa era la giusta esposizione per poter sfruttare appieno il sole delle ore pomeridiane, periodo preferito dai Romani per frequentare le terme. Nell’area retrostante all’Heliocaminus, troviamo il frigidarium di forma rettangolare, dotato di piscina contornata da colonne e provvista di una seconda vasca semicircolare, nonché il calidarium. La presenza di resti di pavimentazione e delle pareti in marmo, dei mosaici che rivestono il corridoio di servizio fanno ipotizzare che il complesso fosse associato alla cosiddetta “parte nobile” della villa.

Il Ninfeo, la Torre di Rocca Bruna e l’Accademia

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Il Ninfeo, di cui si riconosce ancora la concavità coperta oggi da alberi, è un vasto bacino che veniva riempito di acque. Si suppone che in mezzo al bacino di forma semicircolare sorgesse un tempio rotondo periptero sacro alle ninfe, di ordine dorico. Di questo, non rimane alcuna traccia tant’è che qualcuno addirittura ha dubitato circa la sua reale esistenza. Guardando il colle, sulla destra, vi sono i resti di una grande nicchia un tempo ornata da statue e fontane.

In posizione piuttosto isolata rispetto al resto del complesso degli edifici di Villa Adriana, la massiccia Torre di Rocca Bruna, presumibilmente un richiamo alla famosa Torre presso l’Accademia di Atene, è situata sul versante occidentale dell’omonimo oliveto. La torre ha forma di parallelepipedo a base quadrata in opus vittatum, il cui interno è caratterizzato da una sala ottagonale coperta da una cupola. Da quel che resta, si ipotizza l’esistenza di un secondo piano di pianta ottagonale come quello inferiore a cui si accedeva mediante una rampa a piani inclinati, tuttora percorribile. Per via della struttura robusta, si ritiene che esistesse un ulteriore terzo piano, mentre riguardo alla funzione dell’edificio si ipotizza che potesse avere funzione di terrazza o belvedere sulla campagna romana fino al mare, sulle colline intorno a Tivoli e su Roma. Non è escluso che, considerata la passione di Adriano per l’astronomia, la Torre fungesse da osservatorio astronomico o, ancora, una torre di avvistamento per la sua posizione strategica.

Dell’Accademia, a causa del collasso è visibile ben poco se si considera che è sopravvissuto circa il 40%. Essa è costituita de un edificio formato da un ampio portico interno dotato di giardino sul quale si aprivano diversi ambienti. Per ipotizzarne una ricostruzione ci si basa sulle planimetrie dell’archeologo tedesco Hermann Winnefeld che a sua volta si ispirò all'italiano Giovan Battista Piranesi, incisore, architetto e famoso teorico dell’architettura. A nord del portico, troviamo il Belvedere, un edificio con colonnati ampi, aperti e decorato da fontane. Il portico centrale si sviluppava sul lato occidentale, mentre su quello orientale vi si aprivano gli ambienti più grandi e monumentali del complesso, allineati lungo un asse longitudinale prospettico, da nord-ovest a sud-est. Del Tempio di Apollo rimane solo la porzione nord-orientale, mentre sul lato opposto all’ingresso dalla corte, mediante una porta si accedeva ad un terzo giardino porticato la famosa Zooteca. Al centro di quest’ultima, una porta consentiva l’accesso all’ultimo ambiente situato lungo il sistema assiale a completare l’effetto della prospettiva di fuga di sale.

Villa Adriana nella storia

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Villa Adriana è, dunque, un meraviglioso aggregato di strutture ed edifici che costituiscono l’emblema dell’ascesa inarrestabile del potere di Adriano. I suoi chiari rifermenti a costruzioni famose presenti nell’Impero (Egitto, Grecia e la stessa Roma), la rendono una città ideale, frutto della cultura e del gusto raffinato dell’Imperatore.

A seguito della morte di Adriano, nel 138 d.C., il complesso, dopo secoli di incuria, venne abbandonato e ridotto a terreno agricolo e, durante il medioevo, utilizzato come cava di materiali edili di pregio tra cui marmi e mosaici. Il sito è stato riscoperto solamente nell’anno 1461, vale a dire in pieno Rinascimento.

È proprio in quest’epoca che si risveglia l’interesse nei confronti del mondo classico antico, influenzando non solo gli artisti rinascimentali, bensì  i maggiori esponenti del periodo Barocco e architetti e progettisti dell’epoca moderna.

Tuttavia, questo interesse in molti casi fu di natura predatoria e, anche nel corso dei secoli successivi, numerosissimi materiali, decorazioni ed elementi vennero dispersi nelle collezioni private di tutta Europa. Nel XIX secolo lo Stato Italiano acquistò il comprensorio della famiglia Braschi, maggiore proprietaria dei terreni, il resto dei quali appartengono a tutt’oggi a privati. Fu così che vennero effettuati ulteriori scavi ed opere di restauro che riportarono alla luce lo splendore dell’area archeologica così ampia, la cui scoperta è ben lungi dall’essere completata.

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