Non è una novità che la pasta sia uno dei simboli dell’Italia e che i maccheroni al ragù siano il piatto preferito di molti napoletani. Ma qual è la storia che si nasconde dietro un pasto tanto amato? La romantica Matilde Serao ci viene in soccorso, perché è riuscita a dare una spiegazione sull’origine dei maccheroni al ragù. Vediamo insieme di cosa si tratta.

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La storia di Chico il Mago

Nel 1220 nel vico dei Cortellari c’era una casa alta, dalle piccole finestre e i vetri sporchi. Le persone che passavano davanti alla palazzina pronunciavano preghiere oppure qualche scongiuro per allontanare la sfortuna, perché nella casa indiavolata viveva Chico il mago. Chico, era un uomo che usciva molto raramente e il popolo conoscendo il suo potere ne aveva timore. Nonostante le donne avessero cercato di ottenere più informazioni possibili su di lui, si seppe solo che durante la notte lavorava a opere magiche. Infatti, Chico, non dormiva ma studiava nella sua stanza, dal suo camino non cessava mai di uscire fumo e passava le ore intere a osservare un pentolino bollire. Qualche volta, uscendo sul terrazzino i nottambuli l’avevano visto scuotere le mani e l’abito da cui cadeva polvere bianca che secondo il popolo aveva il potere di avvelenare l’aria. Si diceva che il suo laboratorio era pieno di macchie rosse e c’erano coltelli di ogni genere con cui tagliuzzava ogni sera qualcosa.

La magia dei maccheroni al ragù portata al cospetto del Re

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A scoprire gli artifici del mago fu un’astuta giovane donna, Jovannella di Canzio, che appena scoprì la natura di quelle magie approfittò per sfoggiare il suo sapere alla presenza del re. “Vuoi dire al cuoco di palazzo che io conosco una vivanda di così nuova e tanto squisita fattura a meritare l’assaggio del re?”
La notizia venne riportata al re, che diede ordine di invitare la moglie del lavapiatti a palazzo per assaggiare questa nuova ricetta. Jovannella preparò un impasto di farina, acqua, sale e uova. Maneggiò per tanto tempo la pasta fino a renderla sottile, poi la tagliò a strisce e le arrotolò a forma di piccoli cilindri. Li mise ad asciugare al sole. In un tegame mise la cipolla, la carne e la salsa che lasciò cuocere a fuoco lento.
Arrivò l’ora di pranzo, Jovannella rovesciò i cannelli in una pentola di acqua bollente. Cotta la pasta, la separò dall’acqua e la condì con la salsa e un cucchiaio di formaggio. Ecco che la famosa ricetta arrivò davanti al re Federico di Svevia. La furba donna per spiegare come avesse imparato a cucinare un cibo così disse che era stato un angelo ad insegnarle tutti i passaggi. Il termine maccheroni, deriva da macarus, cioè cibo divino. Il re volle che il suo cuoco imparasse la ricetta e diede a Jovannella cento monete d’oro. In breve tempo tutta Napoli si cibò dei maccheroni, mentre Chico disperato per il tradimento decise di partire senza ritornare mai più. La giustizia non arrivò mai per Chico il mago, ma la leggenda ci dice che, qualche volta, la notte del sabato, nella casa dei Cortellari il mago ritorna a tagliare i suoi maccheroni, mentre Jovannella gira il mestolo nella salsa di pomodoro e uno spirito maligno soffia sotto il pentolone per alimentare il fuoco.
Che questa scoperta sia stata diabolica o angelica, noi non possiamo dirlo, ma è certo che essa formò la felicità dei napoletani e diventò uno degli emblemi dell’Italia.

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