Benedetta Ricci

Benedetta Ricci

Abbiamo incontrato lo scrittore Erri De Luca. Ci ha condotto in un viaggio intimo nella sua Italia, tra paesaggi inesplorati e amore per la sua lingua

⌛Tempo di lettura
3 minuti

Poeta, scrittore, traduttore, operaio, alpinista: Erri De Luca è una delle voci più autorevoli e limpide della letteratura italiana contemporanea. Nato a Napoli nel 1950, ha attraversato la seconda metà del Novecento intrecciando l’impegno politico e civile con una scrittura scarna, luminosa e profondamente radicata nella lingua — quella italiana e, ancora prima, quella napoletana. Nei suoi libri si intrecciano montagne e mari, silenzi e dialetti, sacro e quotidiano, in un continuo dialogo con il paesaggio e le storie di un’Italia spesso dimenticata. 

L’Italia, per lui, non è solo un luogo geografico ma un corpo da abitare, scalare, attraversare. Il legame con il territorio è anche fisico: l’arrampicata è parte integrante della sua vita e della sua scrittura, un esercizio di misura e solitudine che si riflette in ogni frase. Le sue parole si arrampicano come mani sulla roccia, cercando presa nel silenzio e nel vento.

In questa conversazione esclusiva, ci ha accompagnato in un viaggio intimo attraverso il suo Paese: l’Italia come corpo, come suono, come memoria viva. Ne emerge uno sguardo insieme poetico e politico, che va oltre le geografie turistiche per restituirci un’Italia fatta di voci, mani, cammini. Una guida sentimentale, culturale e linguistica — per chi desidera davvero ascoltare e capire, non solo visitare.

Ecco cosa cosa ci ha detto. 

tickets banner

L'Italia per me è come un braccio robusto che si stacca dalla spalla delle Alpi e si protende nel mare verso l’Asia e l’Africa. La Puglia è la Calabria sono a forma di mano aperta e la Sicilia accanto è un fazzoletto al vento che saluta.

Erri De Luca - guida di viaggio in Italia

Concessione di Fondazione Erri De Luca

Erri De Luca, cosa rappresenta per lei l’Italia? Se dovesse descriverla a qualcuno che non l’ha mai vista, da dove partirebbe?

L’Italia è per me la lingua che abito, prima che il luogo di residenza. Non la descrivo a forma di stivale, come da tradizione. La vedo come un braccio robusto che si stacca dalla spalla delle Alpi e si protende nel mare verso l’Asia e l’Africa. La Puglia è la Calabria sono a forma di mano aperta e la Sicilia accanto è un fazzoletto al vento che saluta. Con questa diversa immagine vedo la geografia d’Italia abbracciare il Mediterraneo.

Nel suo immaginario, che volto ha l’Italia? C’è un’immagine, un profumo, un suono che la rappresenta meglio di ogni altra cosa?

Il suono è quello di un tamburello che batte il tempo di una danza popolare. L’odore è quello dell’olio di oliva di prima spremitura, così pieno nel naso da far chiudere gli occhi.

C’è un luogo italiano che considera suo più di altri? Un posto dove si sente a casa, o dove ritorna per ritrovare sé stesso?

Ischia dove ho trascorso le mie estati dell'infanzia e adolescenza, dove il corpo cresceva come una pianta bisognosa di luce, dove ho saputo che la libertà era strapparsi dal cerchio d’orizzonte. Quando il battello entra nella conca vulcanica del porto dell'isola mi sento abbracciato

Il nostro territorio è vario grazie alle specialità locali dei dialetti. Le parlate diverse sono il profumo dei luoghi, sono le porte d’ingresso nei territori.

Scrittore Italiano Erri De Luca

Fondazione Erri De Luca

Che cosa significa per lei “viaggiare” oggi, in un mondo così veloce? E cos’è per lei un viaggio autentico?

Ho una definizione nobile della parola viaggio. Esclude qualsiasi acquisto di biglietto di ritorno, in questo caso si tratta di gite, spostamenti, anche se avventurosi o turistici. Viaggio è quello degli esploratori di una volta che perlustravano il mondo per completare la conoscenza della geografia. Viaggio è quello odierno dei migratori allo sbaraglio tra gli sbarramenti. Viaggio è quello fatto a piedi, il pellegrinaggio lungo.

La natura, il mare, la montagna, i silenzi… ricorrono spesso nei suoi scritti. Cosa trova nei paesaggi italiani che Le permette di scrivere, di pensare, di “stare”?

Frequento la montagna, pratico alpinismo, scalo pareti, un modo per staccarsi da un punto di partenza e procurarsi una distanza da tutto. Ma il silenzio non esiste in natura. Anche quando non si percepisce è per mancanza di sensibilità all’ultrasuono. L’aria, l’acqua, la luce: vibrano

Il silenzio che ho conosciuto è quello interiore, di un mio isolamento anche nel frastuono di una officina, di macchine utensili che mordono metalli. Così ho imparato a scrivere dovunque, senza tavolo, sedia, anche in piedi appoggiato a un muro. Lo so fare perché prima ho imparato a leggere così, vivendo in molti posti scomodi. Stare, il verbo della sua domanda, è bello quando si chiede a un’altra persona: come stai?

Lei ha sempre avuto un legame profondo con la lingua italiana. Quanto conta la lingua per comprendere davvero un territorio?

Il nostro territorio è vario grazie alle specialità locali dei dialetti. Scrivo in italiano, ma con me stesso parlo in napoletano, lingua madre, lingua delle voci che mi hanno riempito l’infanzia. In Italia mi sento un ospite presso altri dialetti che mi sforzo d’intendere. L’italiano è bello perché riceve come un fiume l’apporto di affluenti dai dialetti, che moltiplicano le sue sfumature. Mi piace nei libri che si senta nell’italiano il callo di provenienza del fiorentino di Vasco Pratolini, del siciliano di Sciascia, del friulano di Mauro Corona. Le parlate diverse sono il profumo dei luoghi. Entrare in un bar, un’osteria sedermi a un tavolo e starmene a sentire le voci. Sono le porte d’ingresso nei territori

Erri De Luca appassionato di trekking

Fondazione Erri De Luca

Ha viaggiato molto, anche all’estero. Cosa rende, secondo lei, l’Italia unica rispetto ad altri Paesi?

Conteniamo più climi, più storie differenti, più assortimento di opere d’arte e d’ingegno disseminate ovunque. In Italia esistono innumerevoli piccoli centri che non sono province, non sono satelliti di qualche metropoli. Sono un concentrato di identità irripetibili. Altri paesi sono più omogenei, perciò meno molteplici.


Qual è stato l’incontro più significativo che ha avuto lungo i suoi viaggi in Italia? Un volto, una storia, un gesto che porta con sé.

Da autista di convogli di aiuti negli anni ‘90 nella guerra della ex-Jugoslavia ho conosciuto il volontariato italiano, l’offerta gratuita di sostegno, l’impegno efficientissimo delle solidarietà. Quei molti viaggi su e giù in quegli anni mi hanno fatto conoscere gli italiani nelle loro migliori capacità. Non si viaggiava con scorta militare. Chi porta gesti di pace non si fa proteggere dalle armi. Dunque ricordo la tranquillità di ognuno quando la guerra faceva sentire la sua sporca voce.

C’è un luogo poco conosciuto che consiglierebbe di visitare?  Un angolo d’Italia autentico, lontano dai riflettori.

Suggerisco Agerola, in alto sopra la Costiera Amalfitana, sentieri e terrazzi affacciati a strapiombo su balze di vigneti, oliveti, aranceti a precipizio sul mare.

Chi visita l'Italia non è un forestiero. Per il tempo che si ferma è un italiano in più.

Erri De Luca - intervistato da Visit Italy

Fondazione Erri De Luca

L’Italia è anche una terra di artigiani, di mani che lavorano. C’è un mestiere, un gesto o una bottega che le è rimasta impressa?

L'arte di costruire focolari e camini: quando insieme a due operai trasformai una stalla in abitazione aiutai il mastro a costruire la cappa in mattoni e il piano per il fuoco. Studiò i punti da dove entrava il soffio che avrebbe spinto il fumo, l'altezza dal pavimento, gli antichi materiali refrattari. Da vari decenni è il mio riscaldamento invernale.

Il patrimonio artistico è una delle più grandi ricchezze Italiane. Quale è il suo rapporto con l’arte? C’è un’opera a cui si sente particolarmente legato e perché?

Una crocifissione di Masaccio al Museo di Capodimonte di Napoli. Mi portò mio padre appassionato d'arte autodidatta. Mi fece vedere la stranezza di un corpo privo di collo, la testa incassata nelle spalle. Mi spiegò che non era un errore. Il dipinto era commissionato per essere esposto in alto sull'altare. Noi lo vedevamo invece alla nostra altezza. Masaccio aveva dipinto dalla prospettiva di chi guarda dal basso. La sua spiegazione mi ha fissato l'opera in ricordo.

Infine, se potesse scrivere una dedica per invitare il mondo a scoprire l’Italia, come suonerebbe?

Chi visita l'Italia non è un forestiero. Per il tempo che si ferma è un italiano in più.

L'autore

Scritto il 30/04/2025