La birra in Italia ha una storia antichissima: era già presente in Sicilia nel VII sec. a.C. presso i Fenici che la commerciavano e consumavano.

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Storia della Birra in Italia

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L’Italia oggi, secondo le statistiche di Assobirra, è il quarto Paese in Europa come numero di birrifici. La birra ha una storia antichissima e, contrariamente a quanto si è soliti pensare, è da sempre nella penisola a stivale, infatti era già presente in Sicilia nel VII sec. a.C. presso i Fenici che la commerciavano e consumavano. Nel nord ovest dell’Italia, a Pombia, in Piemonte, invece, fu ritrovato un boccale contenente birra luppolata, risalente al 560 a.C., a seguito di scavi archeologici che portarono alla luce una necropoli protoceltica a cremazione, appartenente alla cultura di Golasecca. Da allora la birra in Italia ha conosciuto alterne vicende, infatti se per i Romani, che la chiamavano “cervisia” in onore della dea Cerere, protettrice dei raccolti, era roba da barbari e le preferivano il vino, gli Etruschi erano soliti pasteggiare con una bevanda chiamata pevakh, fatta inizialmente con segale e farro, poi con frumento e miele. Le prime vere birre della storia italiana erano aromatizzate con diversi ingredienti: nocciole, miele, melograno e uva. Con l’Impero romano e il continuo scambio con civiltà e culture differenti l’antica ricetta egizia, a base di frutta, cadde in disuso e furono introdotte le varianti Celtiche. Il generale Gneo Giulio Agricola a seguito della conquista della Britannia nell’anno 83 portò a Roma tre mastri birrai di Glavum, l’odierna Gloucester, e trasformò la sua residenza in quello che oggi definiremmo un pub inglese dell’epoca.   


L'Industrializzazione della Birra

Per ritrovare i primi produttori di birra in Italia è necessario risalire al Medioevo quando i monaci dell’Abbazia di Montecassino cominciarono a produrla lanciando una tradizione che ancora oggi sopravvive nei celebri monasteri trappisti belgi. Nel Rinascimento la birra era in gran parte d’importazione oltre a qualche produzione artigianale nelle vallate alpine e a Firenze era chiamata “vino d’orzo”. Il 1789 è la data simbolica in cui si fa iniziare l’era industriale della birra in quanto fu concesso dai sabaudi a Giovanni Baldassare Ketter di Nizza Monferrato il privilegio di fabbricare birra “per la città e per il suo contado”. La fabbrica, negli anni successivi, rifornirà di birra tutto il Piemonte. E’ in Emilia Romagna il primo coltivatore di luppolo della penisola italica per la produzione della birra. Nel 1847 l’agronomo forlivese Gaetano Pasqui aveva acquistato alcuni terreni soggetti a piene e ad alluvioni per la presenza di un fiume e notò che vi crescevano spontaneamente piante di luppolo quindi ne avviò una coltivazione sperimentale che in pochi anni ebbe successo e gli permise di avviare e gestire un proprio birrificio senza ricorrere alle importazioni dell’allora costoso luppolo d’oltralpe. Il birrificio Pasqui nel 1863 smerciò trentacinque mila bottiglie di birra in terracotta. A svolgere un ruolo determinante per il decollo definitivo della birra in Italia furono però gli Austriaci e nel 1815 in Valchiavenna, nacque il primo birrificio e nel 1890 si contavano sul territorio nazionale circa 140 industrie. Seguirà una forte crescita fermata solo dallo scoppio della Prima guerra mondiale anche perché gran parte del malto veniva importato dall’estero e nello specifico dai paesi combattenti.
Con il 1920 la birra inizia a vivere la sua età dell’oro. L’aumento dei consumi popolari indussero quindi, nel 1927, il Regime fascista a varare la Legge Marescalchi, che impose l’utilizzo del riso e soprattutto un regime fiscale svantaggioso, accompagnato da una decisa restrizione al commercio al dettaglio di questo prodotto. 

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Da Bevanda Dissetante a Prodotto di Uso Comune

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Questo accadeva perché la birra era considerata una bevanda dissetante, come le bibite gassate, bevuta perlopiù da marzo a settembre e consumata esclusivamente al banco. Solo alla fine della Seconda guerra mondiale i consumi riprenderanno a crescere. A partire dagli anni Sessanta, con lo sviluppo della moderna distribuzione organizzata la birra diventa a tutti gli effetti un prodotto di uso comune, raggiungendo anche le famiglie. Nel 1975 però la congiuntura economica colpisce il settore birraio nazionale anche a causa di un considerevole aumento delle accise di produzione imposte dal Legislatore nazionale. Dagli anni ottanta in poi e sino ad oggi i consumi crescono costantemente di anno in anno anche grazie ad una straordinaria gamma di assortimento in grado di soddisfare i palati più esigenti e che sono prodotti dai tanti microbirrifici artigianali diffusi lungo tutta la penisola. Dall'estate 2016 in Italia la birra artigianale è definita per legge (L.154/2016) come "la birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e di microfiltrazione”.

KBIRR:IL PRIMO BIRRIFICIO NAPOLETANO

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Kbirr è il primo birrificio artigianale di Napoli che ha in Fabio Ditto il suo fondatore e in Achille Certezza il suo Maestro Birraio. Il birrificio offre tre tipologie di degustazione - Natavot, Jattura, Paliat - che evocano espressioni napoletane senza però incorrere nel dialetto tout court proprio come il nome dello stesso birrificio. Infatti, Kbirr evoca al napoletano un’ espressione gioiosa e di gradevolezza della birra stessa. Sono birre di produzione artigianale non filtrate e non pastorizzate con inizio dolce al palato e finale amaro, complesse ma allo stesso tempo facili da bere e da degustare.

BIRRIFICIO KBIRR

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