Accadono un po’ tutte così, le magie: non si sa cosa stia succedendo, eppure ci rendiamo conto che c’è qualcosa di strano nell’aria che ci fa venire i brividi e quell’istante cambierà le cose per sempre. Questa volta i protagonisti sono l’Italia, la Moda e una grande voglia di Bellezza.

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The First Italian High Fashion Show: la nascita della Moda Italiana

The First Italian High Fashion Show: la nascita della Moda Italiana

È il 12 febbraio 1951 e siamo a Firenze. Il marchese Giovanni Battista Giorgini (soprannominato Bista, buyer e compratore su commissione) organizza il “First Italian High Fashion Show”, una sfilata per un manipolo di giornalisti e buyer Nord Americani: pochi ma importanti. Riesce a convincerli a venire in Italia per assistere all’evento il giorno dopo le sfilate di Parigi, città che fino ad allora era considerata l’unica capitale dell’alta moda mondiale. Nel salone della sua casa fiorentina, Villa Torrigiani, dieci stilisti italiani presentano diciotto modelli ciascuno: fra i nomi, le sorelle Fontana, la casa di moda Fabiani, Emilio Schubert, Vita Noverasco, Joe Veneziani, Carosa, Simonetta, Marucelli, Pucci e Gallotti. Dopo che l’ultimo modello lascia la passerella al termine del quarto giorno di evento, dal pubblico parte un applauso, ma non è solo una dimostrazione di stima, è uno di quegli applausi veri che nascono dall’emozione. Gli americani tornano nel loro paese entusiasti e quella prima sfilata sarà largamente pubblicizzata sulle riviste d’oltreoceano.

Fino a quel momento le case di alta moda vendevano solo a privati, ma non esisteva un vero fenomeno commerciale. Il titolo del Press Paris dell’indomani la dice lunga: “La bomba di Firenze ha scosso i saloni dell'alta moda parigina e ha minacciato il loro monopolio”. Era nata la Moda Italiana, intesa come una politica di marketing a lungo termine rivolta verso gli USA e, come vi dicevo, niente sarebbe stato più lo stesso.


La Sala Bianca e l’affermazione del gusto Made in Italy

La Sala Bianca e l’affermazione del gusto Made in Italy

Giorgini era ben consapevole di quanto l’immagine delle maisons parigine dell’haute couture fosse forte, infatti il suo obiettivo era quello di entrare in un altro mercato proponendo capi meno sofisticati e più moderni, secondo una filosofia attenta alle esigenze del futuro e a prezzi molto più bassi di quelli delle creazioni francesi. Era da poco finita la guerra, c’era bisogno di bellezza, e l’evolversi delle cose da quella prima sfilata in poi dette ragione a Giorgini: quando annunciò il secondo evento arrivarono dall’America in 300 per assistervi. Alla sfilata estiva del luglio 1951, organizzata al Grand Hotel a causa del grande numero di ospiti attesi, erano seduti in prima fila i principali giornalisti di moda dell’epoca e c’erano quasi tutti i network commerciali americani.

Fu così che il comune di Firenze, per il quarto “Italian High Fashion Show” del 22 luglio 1952, concesse l’elegantissima Sala Bianca di Palazzo Pitti e la sfilata attirò un numero di partecipanti senza precedenti, tra giornalisti, buyer e personalità importanti ammaliate da quel mix di artigianato, immaginazione, buon gusto e senso artistico che divennero ben presto l’identità del marchio Made in Italy. Dal 1952 al 1982 la Sala Bianca fu l’epicentro della moda italiana e teatro di sfilate grazie alle quali essa diventò un fenomeno mondiale sia in termini di immagine che di business, con numeri da capogiro.


Gli anni ’50: l’Italia come stile di vita

Il decennio dei ’50 fu un periodo di grande fermento all’insegna della conquista dei mercati internazionali. Nel 1954 nacque il Centro di Firenze per la Moda Italiana (CFMI) per promuovere tutti i relativi eventi. Le sfilate del 1955 affermarono “Pitti” come la più grande fiera di moda in Europa e nel 1958 venne fondata a Roma la Camera sindacale della Moda italiana.

In quegli anni le città di Milano, Firenze e Roma si riempirono di atelier, le grandi icone del cinema da Sophia Loren a Gina Lollobrigida, da Audrey Hepburn a Elizabeth Taylor a Marylin Monroe, cominciavano sempre di più ad innamorarsi di questo stile tutto italiano che puntava su tessuti e rifiniture di pregio. Il Bel Paese era rinato in tutta la sua bellezza: i ’50 sono gli anni di “Vacanze romane”, de “La dolce vita”, di “Un americano a Roma”, l’Italia era vista da tutto il mondo come il paese delle feste, del bel vivere e dell’arte. Sono anche gli anni in cui Emilio Pucci conquistò gli americani con la collezione Siciliana del 1956 e con quelle dedicate al Palio di Siena e a Botticelli (rispettivamente 1957 e 1959) e sempre nel 1959 Valentino aprì la propria casa di moda in Via Condotti, nel cuore della capitale.


L’evoluzione della moda fino ai giorni nostri

L’evoluzione della moda fino ai giorni nostri

La moda è una delle più grandi espressioni del mondo che cambia e di come la gente cambi insieme ad esso. I grandi avvenimenti storici, le battaglie sociali e politiche, l’avvento di nuovi ideali, l’esplodere di nuovi generi musicali, l’arrivo della Tv nelle case e la diffusione sempre più capillare dei mezzi di comunicazione di massa: tutto questo ha influenzato le linee, le forme e i colori che le persone usavano per esprimere la propria identità, intesa come identificazione o ribellione rispetto all’epoca in cui stavano vivendo. In mezzo ad una moda che diventa inevitabilmente sempre più globale, il contributo dei grandi stilisti italiani non ha mai smesso di brillare e di essere visto dal resto del mondo come sinonimo di eccellenza.

Gli anni ’60 sono sia un’epoca piena di creatività che di grandi sconvolgimenti sociali, dove i giovani incarnavano un mood rivoluzionario che voleva libertà dagli autoritarismi e dalle vecchie convenzioni e dove inizia a farsi strada la cultura Hippy. Da metà decennio in poi l’haute couture lascia sempre più spazio al prêt-à-porter e la moda diventa espressione di questo grande fermento tramite colori sgargianti, accessori vistosi, minigonne e pantaloni a zampa. Il 1966 è l'anno della prima sfilata della maison Missoni.

I ’70 sono sia gli anni in cui incombe la minaccia della guerra fredda che quelli delle proteste pacifiste e delle lotte per i diritti civili, ma sono anche gli anni di rockstar leggendarie, della disco music e de “La febbre del sabato sera”. Il maxi-dress è il capo iconico insieme alle scarpe con la zeppa, l’ispirazione etnica è evidente nelle fantasie dei tessuti e verso la fine del decennio nasce la moda unisex. Fra i grandi nomi italiani di questo periodo c’è sicuramente Emilio Fiorucci che introdusse il tessuto elasticizzato nella moda, perfetto per le sue tute attillate adatte alla disco-dance.

Gli ’80 sono quelli in cui consumismo diventa fenomeno globale e la pubblicità si fa sempre più invadente, dove dilaga l’ossessione per la forma fisica e la “cultura dell’apparire” invade anche la moda che qui vive uno dei periodi più eclettici della sua storia. La scelta ricade su colori e silhouette audaci, le parole chiave sono “oversize” e “luccicante” e tra i capi simbolo spopolano collant colorati, jeans strappati, pantaloni di pelle e giacche oversize. In Italia Milano si afferma come capitale della moda e durante le fashion week milanesi si elevano fra le divinità due personaggi del calibro di Giorgio Armani e Gianni Versace che trasformeranno il prêt à porter italiano in una firma del lusso in tutto il mondo.

Parlare di moda anni ’90 significa parlare di una contaminazione di stili che ha preso ispirazione da mondi diversi e che ha fatto nascere un casualwear che ha come capi iconici jeans a vita alta, abiti a sottoveste, felpe colorate e camicie a quadri. Ancora una volta i personaggi celebri del mondo della musica e della televisione influenzano il look dei loro “seguaci”, e si vede anche un ritorno al minimalismo più chic e sensuale scelto da famose dive del cinema e top model. Al fascino del “lessi is more” cedette la stessa Miuccia Prada con la sua collezione del 1998.

Ed ecco gli anni 2000, dove si mischiano gli stili dei decenni passati, dove si prende ispirazione da diversi continenti, dove assume sempre più importanza l'abbigliamento “ecologico ed etico” che si esprime in maniera evidente nel boom delle pellicce finte. Spesso la moda di questi anni è stata tutt’altro che glamour e decisamente poco chic e fra i capi iconici ci sono la tuta da ginnastica - in particolare Adidas -, i pantaloni a vita bassissima, i top corti, i Dr. Martens, gli stivali Timberland e le Nike Silver, il tutto in mezzo ad un bombardamento mediatico che è sfociato in un’ossessione per la magrezza soprattutto femminile. Nel frattempo, Domenico Dolce e Stefano Gabbana, diventano i designer emblema dell’italianità e del Made in Italy.

Siamo arrivati ai giorni nostri. Dal 2010 in poi i Social Media hanno stravolto le nostre vite, gli Influencer sono la nuova Bibbia e la questione ambientale è diventata onnipresente. In mezzo a tutto questo, lo shopping online comincia a diventare sempre più un’abitudine, tendiamo a preferire vestiti più green, le sneakers spesso soppiantano i tacchi a spillo e le abbiniamo praticamente con tutto, per non parlare degli hashtag e slogan stampati sulle T-shirt di cotone.

Ripercorrere la storia della moda in un mondo sempre più globalizzato, con l’attenzione rivolta a come i grandi stilisti italiani abbiano dato il loro contributo nei vari decenni, merita sicuramente un approfondimento maggiore. La moda, in fondo, non è altro che una delle maniere migliori per esprimere noi stessi senza bisogno di parlare, un linguaggio universale che non conosce limiti di vocabolario ma che afferma chi siamo, con un urlo o con un lieve sussurro.

Vi aspetto nei prossimi articoli.


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